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6 L'essenza del rock 'n' roll

Mary Harron, una canadese che ad Oxford aveva diretto 'Isis', intervistò i Ramones per il primo numero di 'Punk':

Quando vidi per la prima volta i Ramones non riuscivo a credere che ci fosse gente che faceva cose del genere. Bambinate sciocche come «Picchia il monello con una mazza da baseball». C'era quella atmosfera da fumetto, eppure si era in un posto concreto, con la voglia di fare qualcosa di concreto, cioè dentro una situazione in cui anche loro potevano essere concreti, veri delinquenti. C'era asprezza in ciò: sembravano furbi-tonti, tonti-furbi.

Il passaparola sui concerti dei Ramones porterà molti giornalisti inizialmente scettici a rivedere le proprie posizioni, elevandoli nella propria considerazione da ingenui casinisti a portabandiera della Nuova Onda. Ricorda John Holmstrom:

Sono andato a vederli una domenica sera al CBGB's. C'erano solo quaranta persone e fui spazzato via! In quei giorni i loro concerti duravano venti minuti. Quella sera hanno suonato per mezz'ora senza dire una parola. Era il rock show perfetto, della durata giusta, non noiso, molto radicale e minaccioso, ma molto artistco e così ben eseguito che ho fatto fatica a capire se fossero davvero dei punks che ti avrebbero ucciso perché li guardavi male, o se stessero solo fingendo. Quando ebbi modo di conoscerli capii che la verità stava nel mezzo.
Chris Frantz dei Talking Heads fu affascinato subito dalla band:

Erano straordinari, sia dal punto di vista musicale, che dell'abbigliamento. Nei giorni del glam rock erano selvaggi ed estremi e nell'epoca delle lunghe suite loro ti colpivano con pezzi di due minuti. Erano davvero un pugno nello stomaco. I Ramones erano l'essenza del rock 'n' roll.
Le parole di Frantz riassumo bene lo sconvolgimento nello status quo musicale portato a metà degli anni Settanta dalle band emergenti. I Ramones facevano a New York quello che i Sex Pistols fecero qualche tempo dopo a Londra. Ricorda Joe Strummer, il grande cantante dei Clash recentemente scomparso, all'epoca ancora alla guida dei 101'ers, dopo aver visto per la prima volta i Sex Pistols all'opera:

Fecero 'Steppin' Stone', che anche noi facevamo, ma loro erano anni luce più avanti. La differenza era che noi suonavamo 'Route 66' per gli ubriachi al bar, implorando «Accettateci, per favore». Ed invece c'era quel quartetto che stava là e diceva «Non ci frega niente di cosa pensate, cazzoni, questo è quello che ci piace fare e questo è il modo in cui lo suoneremo». Erano di un altro secolo, mi fecero perdere la testa. A loro davvero non fregava un cazzo. Il pubblico era sconvolto (...) Sciolsi il gruppo [N.d.R.: i 101'ers]. Pensavano che fossi matto e probabilmente avevano ragione, ma era uno di quei casi in cui se non salti lo steccato, stai dall'altra parte.
E' facile capire come stesse accadendo veramente qualcosa di nuovo e di sconvolgente; la nuova generazione stava avanzando e si cercava di creava un ambiente in cui la gente potesse far accadere qualche cosa.

Certo, per gli esteti e gli 'esperti' del settore, il virtuosismo musicale era un'altra cosa. Monte Melnick, detto il 'Quinto Ramone', inizò ad assumere sempre maggior importanza nell'entourage del gruppo, fino a diventare il tour manager. Ma il suo atteggiamento iniziale era tutt'altro che entusiastico. Melnick:

Ero un musicista, ed ai musicisti i Ramones non potevano piacere, perché i musicisti sono tecnici e Johnny e gli altri non lo erano.
Oltre a Melnick, un'altra persona inizia ad assumere un ruolo sempre più cruciale, fin dai primissimi concerti: Arturo Vega, detto il 'Sesto Ramone'. Vega era un giovane pittore/attore di origine messicana che viveva in un appartamento poco distante dal CBGB's. Fu la prima persona che lavorò a tempo pieno con la band, prima occupandosi degli strumenti e degli equipaggiamenti e poi lavorando alle luci ed organizzando il light show. Si occupò anche di un aspetto molto importante, quello della pubblicità e del volantinaggio, al fine di attrarre giornalisiti e business men impegnati nel campo musicale. Disse Vega:

Ho conosciuto Dee Dee perché usciva con una ragazza che abitava sopra casa mia. Adoravo il rock 'n' roll ma non è che a quei tempoi ci fossero in giro cose particolarmente eccitanti, così giravo per i club della città alla ricerca di qualcosa di nuovo. Poi ho visto i Ramones ed ho pensato che erano bravi, ma troppo buffi per essere veri. Avevano una grandissima energia e non erano mummie come Yes o Emerson, Lake And Palmer.
Arturo Vega viene generalmente ricordato per essere stato l'ideatore del famoso logo dei Ramones che, stampato sulle magliette, consentì di avere altre entrate in aggiuta a quelle derivanti dai concerti, che all'inizio erano costituite da una percentuale sugli ingressi 'alla porta'. L'idea del logo venne a Vega durante il suo primo viaggio a Washington, pensando che lo stemma del Presidente degli Stati Uniti potesse essere ben adattato al gruppo, con le frecce a simboleggiare l'aggressione a cui sarebbero stati sottoposti i soggetti che avessero attaccato la band e l'ulivo a simboleggiare l'amicizia che avrebbero offerto a chi fosse stato loro amico. Ovviamente, Vega apportò alcune modifiche allo stemma presidenziale, come ad esempio una diversa dispozione delle frecce, i nomi dei componenti che sostituirono la dicitura 'Seal of the President of the United State', o la mazza da baseball, introdotta in omaggio alla passione sportiva di Johnny. Interessante anche il fatto che la prima scritta scelta per lo stendardo che esce dal becco dell'aquila fu 'Look our below', che venne poi cambiata con l'ormai famoso 'Hey Ho Let's Go'. La vendita delle magliette con il logo dei Ramones permise il finanziamento del primo viaggio di Vega con la band in California ed in Europa.