HomeI Ramones e l'Italia


Qual è stato il rapporto tra i Ramones e l'Italia? Apparentemente, il rapporto è stato molto blando, dato che il gruppo ha sempre operato fuori dai circuiti commerciali classici ed anche tra gli addetti ai lavori il seguito non era foltissimo. Come dice Luca Frazzi nel numero speciale di 'Metallic-KO' dedicato ai Ramones:

Chi sostiene di seguire in Italia i Ramones fin dal 1976 o mente spudoratamente, o si chiama Claudio Sorge

Luca Frazzi intervista Joey nel maggio del 1989
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Ma, una volta superate le barriere, l'affetto riversato sul gruppo dai fans italiani è stato senza vincoli, anche a favore dei singoli componenti che sono scesi in tour dalle nostre parti (Dee Dee, Marky) od hanno pubblicato un nuovo disco (ancora Dee Dee, Marky ed anche C.J.). E se per molti dei nostri connazionali il nome Ramones è stato udito per la prima volta grazie alla pubblicità di Fastweb (così come, anni fa, i Clash sono stati semplicemente 'quelli della canzone della pubblicità dei Levi's'), per un'altra parte della popolazione italica il Ramones-style è sempre stato un punto di riferimento e lo è ancora oggi per molti teenagers che si lanciano in mirabolanti performances musicali organizzando di punto in bianco tanti gruppetti-clone che riprendono lo spirito del quartetto newyorkese.

In definitiva, con intensità e partecipazione diversi, da molti lustri i Ramones sono legati al nostro paese e viceversa.

Ripassiamo la storia grazie a Luca Frazzi ed al suo intervento sulle pagine dello speciale di 'Metallic-KO' dedicato ai Ramones.

L'Italia era una cosa, i Ramones ed il punk un'altra. C'è bisogno di aggiungere altro? L'Italia della fine degli anni Settanta, immersa nelle fosche ombre degli anni di piombo, entra in collisione con i Ramones e con il punk e ne esce sconvolta. Il punk, inteso come fenomeno emergente in arrivo direttamente dall'Inghlterra, si trovò a dover fronteggiare tutte le parti in causa: la sinistra (che controllava il pacchetto 'rock-universo giovanile'), la destra e la Democrazia Cristiana (a cui spettavano le parti dei reazionari e dei conservatori). Sinteticamente, la sinistra vedeva il movimento emergente come 'qualcosa di destra', con una simbologia ed una estetica che non lasciavano dubbi: punk uguale svastiche, uguale destra. La Democrazia Cristiana percepiva il punk come 'qualcosa di eccessivo e comunque fuori dalle righe'. La destra italiana sembrò accogliere inizialmente il nuovo movimento come una delle poche e vere occasioni per reimpadronirsi dell'universo giovanile antagonista, salvo poi rigettarlo in toto vista la sua effettiva ingestibilità.

La deflagrazione punk coglie tutti impreparati. Col tempo molte cose si chiariranno, ma il suo impatto iniziale sulla scena è assolutamente dirompente.

L'avvento del punk, in particolar modo in Italia, è una rivoluzione che in pochi dimostrano di capire ed ancor meno di saper gestire. Come in tutte le ricostruzioni storiche, è necessario immedesimarsi nella cultura, nella politica, nel pensiero dell'epoca. Stiamo parlando sempre dell'Italia di fine anni Settanta, pervasa dallo scontro ideologico tra l'azione e la reazione, con il 'Movimento' all'apice della sua fase interventista; basti pensare ai cortei di Bologna del 1977, nei quali l'Autonomia fu ad un passo dall'ufficializzare il suo passaggio alla lotta armata; l'artiglieria che circolava in quegli ambienti era tutto meno che virtuale: altro che 'Pistole del Sesso'... Il terrorismo si apprestava a vivere anni bui e sanguinosi; era l'Italia del sequestro Moro quella che accoglieva con diffidenza i primi vagiti del punk e per un giovane di allora schierarsi con il 'nuovo' era una scelta molto, molto difficile. Oggi queste considerazioni possono far sorridere, ma adesso è relativamente facile girare per strada con la cresta colorata ed il piercing dopo che alcuni pionieri aprirono la strada oltre due decenni fa.

Il 1977 italiano non era il 1977 inglese. Malcom McLaren e Vivienne Westwood rivoluzionavano il costume sparando slogan situazionisti, mentre in Italia si instaurava un clima di restaurazione in risposta alla violenza dilagante (trodotto: in Italia si sparava sul serio!). Ed i giovani che si riconoscevano nella sinistra faticavano a comprendere un movimento che era si di rottura e contro il regime, ma che era anche connotato da una forte simbologia non troppo dissimile da quella nazista: catene, spilloni da balia, cuoio, lamette, croci uncinate e via di seguito.

Non adeguarsi a certi cliché nell'Italia del periodo era quasi impossibile: se avevi sedici anni ed eri innamorato ascoltavi Baglioni, se ne avevi qualcuno in più giravi in Dyane con Guccini o De Gregori nel mangiacassette. Alternative zero, o quasi (chi all'epoca si dilettava già con la Disco Music e si dichiarava 'funky' sa di cosa si sta parlando). Questo fino all'avvento del punk, un terremoto che da noi arriva con un paio di annetti di ritardo (fisiologico...) e grazie alla riforma della RAI. In televisione inziano a filtrare le prime immagini 'alternative' di un fenomeno che sta sconvolgendo il costume giovanile dei paesi anglosassoni. Si chiama 'punk' e fa ribrezzo. E' l'inzio della fine, dice qualcuno. Ed i 'padroni della cultura giovanile' si affrettano subito a decretare che i ragazzi italiani sono troppo intelligenti per farsi coinvolgere... E' all'interno di trasmissioni come 'Odeon - Tutto quanto fa spettacolo' e 'L'altra domenica' (entrambe sul secondo canale RAI, dato che il terzo doveva ancora nascere) che l'italiano medio entra in contatto con il punk, facendo conoscenza con Johnny Rotten e Sid Vicious nello scenario di una Londra decadente e votata all'autodistruzione.

Ad introdurre l'Italia nell'inferno dantesco del primo punk sono Michele Pergolani, Renzo Arbore e qualche illuminato conduttore televisivo e radiofonico delle allora neonate emittenti 'libere' (come si chiamavano all'epoca). Oltre a loro c'erano anche alcuni piccoli agitatori locali, guardati come appestati, e qualche pioniere della carta stampata. Di Claudio Sorge abbiamo già detto; vanno ricordati anche Maurizio Bianchi con le sue pagine di punk su 'Mucchio Selvaggio', Federico Guglielmi e Red Ronnie.

Dal punto di vista editoriale, nel periodo 1977-1978 esistevano quattro riviste rock, una settimanale ed all'epoca vendutissima ('Ciao 2001') e tre mensili: 'Popster' (patinata, a colori e che muterà il nome in 'Rockstar'), 'Mucchio Selvaggio' e 'Rockerilla'. Tutte queste riviste si trovarono spiazzate dall'avvento del punk. Tutte ad eccezione di 'Rockerilla', sulla quale convivevano senza tanti problemi il rock ed il punk, grazie forse alla carenza di musica dal vivo di quell'epoca che aveva fatto in modo di accomunare nel bisogno le due parti. Poi c'erano le fanzines: poche, spartane, ciclostilate e straordinariamente vitali. Quella assemblata da Claudio Sorge si chiamava 'Teenage Lobotomy', dal nome di una delle canzoni più famose dei Ramones; ci preme qui sottolineare il fatto che nel numero 2 del febbraio 1978 'Teenage Lobotomy' presentava il resoconto della serata al Rainbow di Londra in cui fu registrato l'album dal vivo 'It's Alive' (leggi qui per la riproposizione dell'intero articolo). Il mondo delle fanzines era comunque formato da uno sparuto gruppo di persone, che lavoravano come 'carbonari' per la demolizione del rock istituzionale e che si conoscevano tutti per nome.

Prima dei Ramones in Italia erano sbarcati altri gruppi punk stranieri: Stranglers, Damned, Adam & The Ants; se vogliamo anche Patti Smith, nonostante i suo legami con il punk, al momento del suo arrivo in Italia, siano ormai solo a livello iconografico. Con i Ramones però si fa il salto di qualità. Dice Frazzi:

Il loro punk non è quello nichilista dei Sex Pistols. E' una boccata d'ossigeno per chi non chiede altro che velocità e frastuono, per chi ne ha piene le palle della retorica dei cantautori con barba e chitarra e chiede al rock né più, né meno che una scossa
La scuola giornalistica italiana era ancora in mano ai senatori della prima generazione. E si sente. Claudio Sorge piazza in copertina i Ramones sul primo numero della sua 'Teenage Lobotomy' nel gennaio del 1978, ma per avere una copertina di una rivista a diffusione nazionale occorre aspettare più di un anno: nel febbraio del 1979 esce il numero 4 di 'Rockerilla' con in copertina lo scatto di 'Rocket To Russia'. All'interno, Sorge, nel suo articolo sottotitolato 'Una strada lastricata di violenza', scrive:

La loro musica è violentissima, riffs brevi ed ossessivi, ma c'è un significato però, c'è un discorso vero fatto di una semplicità del tutto sconosciuta alla musica pop degli anni Settanta che si nutre ancora dei Wakeman e degli Emerson. Elementi di cultura americana quale è quella che ci è consegnata dai gialli, dalla 'american way of life', dalle profondità di 'American Graffiti', dai films di guerra e dell'orrore: questo è il supporto culturale dei Ramones, costretti a vivere tra i rifiuti dell'industria del capitalismo che, riflettendosi in modo drammatico nella loro arte, costituisce un documento al tempo stesso meraviglioso ed ambiguo dei giovani americani che tutto sommato, tentano anche in questo modo di esorcizzare le loro paure. Ma si sbaglia a bollarli, a scomunicarli, a dichiarare la loro cultura di serie B in base a parametri gerarchici di valutazione. Bisogna contestualizzare il fenomeno Ramones, andare a vedere dove questo si articola col sociale, con i canali di trasmissione culturale cui questi ragazzi possono accedere
Nel frattempo la RCA Italia dà alle stampe alcuni albums della band. Prima 'Leave Home' e 'Rocket To Russia' nel 1977; poi l'album d'esordio, 'Ramones', nel 1978, con un paio d'anni di ritardo, insieme a 'Road To Ruin' e ad una pittoresca 'Punk Collection' (con, tra gli altri, Ramones, Iggy Pop, Heartbreakers, Boys, Eater, Talking Heads, Patti Smith, Richard Hell e Dead Boys) che viene pubblicizzata con un contorno di lamette da barba, definita 'Micidiale, devastante, succulenta' (evidentemente, tre aggettivi tipicamente punk per l'Italia di allora) e venduta al 'prezzo punk' di 3.500 lire.

Il seguito del gruppo cresce di numero anche grazie a queste stampe; finalmente è possibile entrare in possesso di un album dei Ramones senza seguire vie privilegiate e questo permette al gruppo di creare attorno a sè un'aspettativa che dura sino all'inizio del 1980 quando, dopo un 1979 segnato dall'uscita di 'It's Alive' e della colonna sonora di 'Rock 'n' Roll High School', i Ramones tornano all'offensiva con un album nuovo di zecca, 'End Of The Century' ed una tournée europea che per la prima volta tocca anche l'Italia. Per il pubblico nostrano poco importa se l'ultimo LP è stato prodotto da Phil Spector e segna una moderata svolta pop per la musica del gruppo. Quel che più importa è che i Ramones suoneranno davanti a loro, a pochi metri dai loro occhi e dalle loro orecchie. L'album esce in gennaio in tutto il mondo ed Il 14 febbraio 1980 i Ramones salgono per la prima volta su di un palco italiano. La città fortunata è Reggio Emilia ed il luogo è il Palasport. I Ramones fanno da spalla agli U.K. Subs: è un trionfo! Dice ancora Frazzi:

Un muro di amplificatori, pezzi adrenalinici mitragliati ad altissima velocità, senza respiro, un'ora scarsa di show. Eccezionale. E soprattutto mai visto
Così Aldo Bagli su 'Ciao 2001' del 9 marzo 1980, con la foto di Johnny in copertina:

A Reggio Emilia per i Ramones si sono dati appuntamento ex sessantottardi, ex del '77, giovani nichilisti, colorati punk, rock 'n' roller in sordina: ecco i nuovi soggetti della nuova epopea concertistica italiana (...) On stage i Ramones eliminano senza pietà ogni risvolto soft del loro repertorio e modellano tutti i brani in base ad un arrangiamento killer. Basso e batteria 'pneumatici', una chitarra a tutta 'pennata' che alla fine mette KO anche le orecchie avvezze a questo tipo di 'preziosismi' ed una voce piuttosto impostata, che però non disdegna l'urlo melodico (...) A Reggio Emilia i Ramones hanno centrato il bersaglio: nonostante alcune diffidenze iniziali hanno conquistato novemila persone circa e tutto con solo un'ora di musica. Ma questa è la quantità di tempo giusta. Alla fine del concerto nessuno aveva in corpo un solo briciolo d'energia. Il rock 'n' roll impegna chi lo ascolta in modo totale
La sera successiva è la volta del Palasport di Udine ed il 16 quella del Palalido di Milano. Un giorno di sosta e chiusura il 18 febbraio al Palasport di Torino. Cinque giorni in Italia per quattro concerti; una 'toccata e fuga' che rivolta l'Italia del punk e del rock in genere come un calzino.

Dopo il concerto del Palalido a Milano, scrisse Claudio Sorge sulle pagine di 'Rockerilla' nel marzo del 1980:

Il concerto dei Ramones non è stato il migliore che ho visto, ma sicuramente ha fatto capire quanta energia siano in grado di sprigionare dal vivo (...) I Ramones, come del resto gli UK Subs, suonano forte, suonano duro e rapido e non è certamente facile fare un concerto come loro. Questo lo dico a tutti quanti sono rimasti un po' delusi dalla tecnica dei quattro musicisti. Ma dove trovate un bassista come Dee Dee, che picchia sullo strumento (per altro suonandolo molto bene) e salta e partecipa emotivamente ad un livello altissimo per tutto il concerto? Un normale strumentista, anche tecnicamente perfetto, dopo cinque minuti sarebbe scoppiato. E questo è importante ragazzi, perché Dee Dee è il propulsore dinamico del gruppo e contribuisce a costruire, insieme a Johnny e Marky, quel famoso 'muro del suono' che è la vera forza dinamica trainante dei Ramones dal vivo (...) Alla fine grande soddisfazione da parte della maggioranza dei ragazzi che gremivano il Palasport, anche se molti, per lo più intellettuali o vecchi freaks, manifestavano la propria delusione per l'inconsistenza, dicevano loro, dei Ramones. Ma cosa si aspettava questa gente? L'assolo? La composizione superbamente decorata e magistralmente eseguita? Non scherziamo, i Ramones sono soprattutto energia e violenza e questo hanno saputo dare con estrema sincerità (...) Al termine del concerto erano tutti sfiniti, tutti esausti; gli stessi Joey, Dee Dee, Johnny e Marky non si reggevano più in piedi e certamente non sarebbero riusciti a suonare per più di cinque minuti ancora senza crollare sfiniti sul palcoscenico. Grazie ragazzi! (...) Ripenso a quattro anni fa quando, dopo aver abbandonato in un angolo i dischi di Miles Davis e dei Greatful Dead, mi ero buttato sul loro primo album marcato Sire e lo ascoltavo dalla mattina alla sera, mentre tutti i miei amici mi prendevano in giro. Sono passati quattro anni da quel mitico inizio e molta della magia iniziale è scomparsa, ma mille nuovi gruppi sono venuti fuori sulla scia di quegli insegnamenti, ciascuno elaborando la propria personale visione all'interno di questa nuova ondata di rock 'n' roll. Ecco perché io non riesco a dimenticare i Ramones: perché sono stati i primi».
Questo era il pensiero di Sorge espresso attraverso le pagine di 'Rockerilla'. Ma è interessante riprendere anche un'altra recensione di quello stesso concerto, per capire come un evento così epocale come il primo tour dei Ramones in Italia, se filtrato attraverso pensieri diversi, possa assumere toni diametralmente opposti. Ecco cosa scriveva Cesare Barani sul numero di aprile del 1980 di 'Mucchio Selvaggio':
«Nella prevedibile cornice di adolescenti diversamente atteggiati, di punks affettati e irrimediabilmente provinciali e di spinelli fumati allegramente, i Ramones hanno consumato una frigida esibizione al Palalido di Milano. Introdotti dagli odiosi U.K. Subs, i Ramones hanno suonato per circa un'ora davanti a novemila spettatori scarsamente partecipi (...) Inspiegabilmente i Ramones hanno tralasciato alcune canzoni fondamentali del loro repertorio: 'You're Gonna Killed That Girl', 'Here Today Gone Tomorrow', 'I Just Want To Have Something To Do', 'Needles And Pins'. Mutilata di simili interpretazioni, l'esibizione del gruppo è apparsa modesta, musicalmente e scenicamente. Costantemente aggrappato al microfono Joey Ramone ha interpretato le trenta canzoni di rito senza una particolare partecipazione emotiva, limitando qualsiasi trovata scenica all'esposizione del cartello 'Gabba Gabba Hey' (...) La musica poi, pur preservando la potenza elettrica e gli alti livelli energetici che conosciamo, ha peccato di sostanziale piattezza ed uniformità. Le cause di una tale mediocrità vanno divise in parti eguali tra il pessimo sistema di riproduzione ed una certa stanchezza maturata dopo numerosi anni di attività internazionale. Così quando i quattro hanno salutato il pubblico di giovanissimi che affollava il Palalido nessuno ha richiesto il bis di prammatica: un sintomo di insoddisfazione o di disinformazione in perfetta sintonia con uno show dimesso
Curioso, no? E pensare che il tam-tam delle fanzines punk italiane, in appoggio alla stampa nazionale, aveva fatto del tour un autentico evento e la mitica 'Le Silure d'Europe' era uscita con un numero speciale dedicato ai Ramones.

Nell'estate del 1980 i Ramones spopolavano sulle nostre radio con il singolo 'Baby I Love You', che si sentiva ovunque insieme ad altre due perle beat-pop come 'My Sharona' dei Knack e 'Brass In Pocket' dei Pretenders. Sull'onda del successo di quel brano e del primo tour, i promoter locali decidono di riportare la band in Italia a pochi mesi di distanza. Cinque date in cinque giorni, una della quali (quella a Castel Sant'Angelo) sorprendetemente ripresa e programmata pochi giorni dopo sul secondo canale RAI. Sembrerebbe che da questo momento in poi il rapporto tra i Ramones e l'Italia sia destinato ad un percorso in discesa, ma qualcosa comincia a non funzionare. Nel 1981 esce 'Pleasant Dreams', ma l'emergente hardcore, che in Italia trova terreno fertile a causa della sua impronta fortemente politicizzata, rischia di spazzare via la prima onda-punk, Ramones compresi, grazie a velocità esasperate e ritmi feroci. I ragazzi di New York godono però ancora di un forte seguito dalle nostre parti, come testimonia l'interesse a loro riservato addirittura da 'Topolino' con una classica foto di Johnny in posa plastica, Mosrite e gambe divaricate, che finisce sulla copertina del suo inserto musicale 'Topolino Più'. Ed il 6 novembre del 1981 i Ramones eseguono addirittura due concerti nello stesso giorno al Rolling Stone di Milano: il concerto previsto inizialmente per il 5 novembre venne spostato al pomeriggio del giorno seguente a causa di uno sciopero delle dogane che bloccò al confine i trucks; ed alla sera i Ramones replicarono! Ma dopo il successo di quel doppio show, per rivederli dal vivo in Italia si sarebbero dovuti aspettare sei lunghissimi anni.

Luca Frazzi così sintetizza l'avvento dell'hardcore:

La marea crescente dell'hardcore travolge tutti i protagonisti della prima stagione punk. Bollare come 'reduci' i veterani del '77 diventa lo sport preferito soprattutto in Italia, dove la foga dello stare al passo coi tempi unita al ritorno di fiamma della politica nel rock antagonista impone di accantonare le vecchie passioni. Ecco allora che molti punks della prima ora o abbandonano il campo o si riciclano come hardcorers. I capelli colorati si allungano e si alzano a formare una cresta, i giubbotti di pelle si riempiono di borchie e slogan. Nascono i primi centri sociali autogestiti anche al di fuori delle grandi metropoli, sbocciano come funghi bands e fanzines anarchiche ed 'estreme'. I modelli di riferimento sono sostanzialmente tre: il neo-hippismo hardcore dei Crass, l'ultra-violenza dei Discharge e, dalle nostre parti in minor misura, le bands americane della nuova generazione, su tutte i Dead Kennedy's. Il punk-rock perde la sua innocenza ed i Ramones vengono messi da parte, in un meccanismo crudele (anche se spesso giustificato) di selezione naturale. Se sino a solo un paio d'anni prima erano citati come esempio di estremizzazione del punk (la velocità d'esecuzione dei brani, specialmente dal vivo, era una delle loro peculiarità. Nessuno suonava rock 'n' roll così veloce e compresso, prima di loro), ad un tratto bands nichiliste come G.B.H., Disorder e Discharge ridimensionano l'effetto-Ramones pigiando il piede sull'acceleratore, sino in fondo. Il nuovo hardcore fa invecchiare di colpo il punk, anche in Italia
A tenere vivo l'interesse verso i Ramones ci pensa il Fan Club Italiano che nasce ufficialmente nel 1982 e che, soprattutto all'inizio, si trova ad operare tra mille difficoltà (leggi qui). Da sottolineare come, nonostante l'uscita di album non certo esplosivi verso la metà degli anni Ottanta ed il parziale scollamento della band, l'operato di alcuni fedelissimi coordinati da Paolo Di Gaetano a Roma e da Maurizio Nodari a Milano riesce a mantenere viva una passione altrimenti destinata ad affievolirsi.

Bisogna stringere i denti fino al 1987, quando in seguito all'uscita di 'Halfway To Sanity' i Ramones tornano a suonare entro i nostri confini, con una data unica al Prego Club di Milano. E' l'11 ottobre del 1987, ma dovrà passare un altro anno e mezzo prima di rivederli in Italia, sull'onda dell'uscita dell'antologia 'Ramonesmania' e del nuovo LP 'Brain Drain', in coincidenza del quale viene organizzato un lungo tour mondiale che tocca anche l'Italia: otto date in nove giorni, il tour italiano più lungo dei Ramones.

L'8 maggio del 1989 Luca Frazzi incontra ed intervista Joey Ramone negli spogliatoi del Palasport di Modena. L'intervista appare sul numero 3 della sua fanzine 'Do The Pop'. In quell'occasione, disse Joey:

Mi diverto moltissimo adesso. Siamo una vera band, andiamo d'accordo. Abbiamo avuto delle divergenze durante questi anni che avrebbero potuto farci sciogliere, forse perché ci consideravamo più 'grandi' di quello che eravamo in realtà. Oggi però ci sentiamo più bene che mai
Al contrario di quanto affermato da Joey con l'entusiasmo di un ragazzino alle prime armi, l'impressione di Frazzi fu quella di una band già mentalmente divisa, finita. Il tour del 1989 sarebbe stato l'ultimo con Dee Dee al basso, ormai deciso ad intraprendere la carriera da solista. La band si trova ad un bivio: o si cambia, o ci si scioglie. Scelse di cambiare, arrivò C.J. ed arrivarono gli anni Novanta.

La seconda giovinezza dei Ramones si apre con una nuova puntata in Italia; il 26 ed il 27 novembre del 1990, con concerti a Milano ed a Rimini. Ed è di nuovo un grande successo. L'innesto di C.J. sembra funzionare; meno carismatico, ma più giovane e motivato di Dee Dee, con la sua presenza conferisce credibilità ai rinnovati Ramones. Ma è anche il ritorno su scala mondiale del punk-rock a riportare in auge il nome della band.

Superati gli anni Ottanta, si assiste ad un progressivo riavvicinamento alle forme del primo punk in antitesi all'intransigenza dell'hardcore. Nasce un movimento che cresce e prospera nel circuito indipendente con lo scopo di reintrodurre una concezione del punk più vicina a quella del '77, almeno negli intenti. Si cerca un punk più 'umano', disimpegnato e rock 'n' roll-oriented. Ed è logico che il modello di riferimento siano sempre loro: i Ramones!

In Italia una band di Latina sposa sin dall'inizio questa filosofia. Sono i Senzabenza, che qualche anno più tardi faranno da spalla ai Ramones in alcune delle loro date italiane e diventeranno amici personali della band, tanto da farsi mixare un loro disco, 'Deluxe', nientemeno che da Joey Ramone e Daniel Rey! Ma i Senzabenza non sono i soli: ricordiamo anche i Mondo Topless, i Pills, i Chromosomes, i Killjoint.

Quanto ai Ramones, quelli veri, ritornano in Italia nel 1991 con due sole date, a La Spezia prima ed a Torino poi. Il concerto di La Spezia viene anche tristemente ricordato dai fans come l'unico tra quelli italiani in cui la band fa da spalla ad un altro gruppo, i Litfiba. Nel 1992 viene organizzata l'ennesima tournée, con tappe in Italia a Pordenone, Firenze, Milano e Correggio. E' un momento particolare; i Nirvana ed il grunge in genere stanno spopolando ed il rock è ritornato ad ottenere uno spazio nelle classifiche. Anche i Ramones beneficiano di questo rinnovato interesse, ma forse si tratta più che altro di 'stima reverenziale'; la RAI arriva addirittura a trasmettere in diretta lo show del Rolling Stone di Milano all'interno della trasmissione radiofonica 'Planet Rock'. Le dichiarazioni pubbliche di stima dei personaggi che vanno per la maggiore, come Kurt Cobain dei Nirvana ed Eddie Vedder dei Pearl Jam, che citano i Ramones come una delle loro prime influenze, finiscono per convogliare sul gruppo una giovane generazione di fans, ragazzi che nella seconda metà degli anni Settanta erano ancora in fasce.

A Correggio, Frazzi incontra ed intervista di nuovo il gruppo, per la nuova fanzine 'Inflammable Material'. E' il 17 aprile del 1992, ed è uscito da pochi mesi l'album dal vivo 'Loco Live'. Riguardo ai cambiamenti in atto sulla scena mondiale, Johnny dice:

Una cosa è certa: finalmente si sente un po' di musica dura nelle charts e questa è una bella cosa. Forse è cambiato il pubblico, non so, dieci anni fa comunque il punk non entrava nelle classifiche, questo è certo. Sotto quell'aspetto, le cose sono migliorate
Di lì a poco uscirà 'Mondo Bizarro', un buon disco se si considera che a realizzarlo è un gruppo di quarantenni. I Ramones tornano a guadagnarsi copertine anche in Italia. Gliene dedicano una sia il rinnovato 'Ciao 2001', sia 'Rockerilla', oltre alla nuova testata 'Blast!', che pur muovendosi da basi hardcore riconosce al gruppo il ruolo di caposcuola di un intero movimento. È un buon momento per Joey e compagni, che tornano da noi nel 1993 con una serie di sette concerti in otto giorni. Al Rolling Stone di Milano c'è il tutto esaurito, con i Senzabenza come spalla e l'entusiasmo alle stelle. Ma alla discoteca Tempio di Gualtieri, una grande discoteca a due passi dal Po reggiano, Frazzi nota che il gruppo fa un uso eccessivo di fumi artificiali: servono per mascherare le prime avvisaglie della malattia di Joey che viene accompagnato al microfono al quale resta aggrappato per tutta la durata del concerto e questa volta non per una scelta artistica. Joey non canta più i brani per intero, lascia lavorare C.J., l'alto volume e l'effetto eco.

Nel 1993 esce anche 'Acid Eaters', un bell'album di covers con il quale i Ramones ricordano il loro passato di rock fans, un album semplice e sincero che il pubblico dimostra di apprezzare.

Dopo il tour del 1994 che vede per la prima volta i Ramones in Sardegna, al Palasport di Sassari, arriva l'ultimo LP di studio della band. Si intitola, non a caso, 'Adios Amigos'; l'anno è il 1995, quello del boom del cosiddetto nuovo punk-rock. Due gruppi che da sempre dichiarano la loro devozione assoluta ai Ramones dominano le classifiche americane ed europee. Sono i Green Day (definiti da più parti 'i nuovi Ramones') e gli Offspring, figli del sottobosco hardcore statunitense, convertiti a forme di punk-pop e che ai Ramones devono quasi tutto. A livello più underground, etichette come la Lookout lavorano per un ritorno al punk-rock di base, promuovendo nuove bands come Screeching Weasel, Riverdales e Queers, che si rifanno apertamente al suono del '77. I Ramones, praticamente l'unico gruppo superstite di quell'età dell'oro, sono riveriti anche da loro, le nuove leve; per quello che hanno rappresentato più che per quello che sono, ma può già bastare.

Nell'estate del 1995 arriva per loro una nuova copertina; è quella di 'Dynamo!'. L'anno prima Dee Dee si era rifatto vivo in Italia con il suo primo LP da solista post-Ramones ed alcune date italiane, tra le quali, il 24 maggio, al Ruvido di Bologna. I riscontri sono stati ottimi, anche perché era accompagnato da una band giovane, quadrata e rozza al punto giusto.

Dopo l'LP di addio che chiude la carriera dei Fast Four, inizia il lungo tour per il saluto ai fans di tutto il mondo, tour che ovviamente tocca anche l'Italia. Tre le date nel gennaio del 1996: il 16 al Palasport di Pordenone, il 19 al Palasport di Budrio, in provincia di Bologna, ed il 22 al Palatrussardi di Milano. I concerti previsti erano cinque, ma le date del 17 e del 18 gennaio (rispettivamente a Firenze ed a Roma) furono soppresse a causa dei problemi di salute di Joey. Frazzi ricorda la serata conclusiva, in uno stipatissimo Palatrussardi, con quarantenni e sedicenni accompagnati dai genitori. L'esibizione è quella che è, Joey sta sempre peggio, ma l'emozione è tanta. Il pubblico comprende la situazione e fa passare in secondo piano l'aspetto tecnico, in quel caso del tutto insignificante. Qualche giorno prima, il cantante era apparso al 'Roxy Bar' di Red Ronnie; come al solito timido e dimesso, veniva presentato come un'icona del punk, una 'leggenda vivente'. Ma nascosto dietro ai capelli lunghi ed agli occhiali scuri c'era un uomo che faceva gli ultimi sforzi per sembrare quello che non era più da tempo, il cantante di una band di punk-rock. I vent'anni di storia musicale che portava sulle spalle gli impedivano di sottrarsi a quel compito. E terminata anche quella sceneggiata, altri sei mesi di concerti e di apparizioni televisive lo attendevano in giro per il mondo, fino all'ultimo show, il 6 agosto 1996 al Palace di Los Angeles.

La più grande rock 'n' roll band del XX secolo? Forse. Il XX secolo intanto si è già chiuso lasciandoci qualche strascico di leggenda che era ancora in giro per l'Italia (Marky) e tanta voglia di riprovare l'ebbrezza del primo impatto con loro, i Ramones, quelli che facevano tremare comunisti e fascisti, mamme e papà, preti ed assessori. Quei Ramones non esistono più da almeno due decenni, ma al cospetto della morte di Joey e di Dee Dee e del patrimonio lasciato in eredità alle nuove bands (pensiamo a gruppi come i Manges ed i Retarded, ramonesiani fino in fondo) la cosa passa in secondo piano.

La bellissima ricostruzione che Luca Frazzi ha fatto sulle pagine di 'Metallic-KO' circa il rapporto che ha legato e lega tutt'ora i Ramones al nostro paese termina con queste parole:

Quello dei Ramones in Italia non è stato un passaggio innocuo ed indolore, né allora, negli anni che contano, né in quelli della maturità artistica. Mi piace chiudere questo articolo con un breve intervento che mi hanno recapitato i Cut, probabilmente il miglior gruppo rock italiano di oggi. Ad un orecchio superficiale il loro suono può apparire molto lontano, tecnicamente e concettualmente, da quello dei Ramones. Non lo è, e potrei anche tentare di spiegarvi il perché, ma preferisco che continuiate a vederli così, come un gruppo moderno, formalmente lontano dal modello Ramones e proprio per questo al di sopra di ogni sospetto. Ecco il testo del loro messaggio (ndr: in occasione della morte di Joey):
'Senza i Ramones noi non avremmo neanche imbracciato una chitarra. L'immagine, la musica, l'attitudine, il suono: tutto in quella band era perfetto. Infatti se ci chiedessero di scegliere una sola immagine del punk rock da mandare su Marte questa sarebbe una foto dei Ramones al CBGB's. Se dovessimo scegliere un disco sarebbe 'Rocket To Russia'. Siamo sicuri che i marziani capirebbero e mollerebbero la loro musica elettronica del cazzo per venire a fare un salto quaggiù. Solo per scoprire che Joey non c'è più. Rimangono i dischi però, e quelli non ce li porterà via nessuno. Speriamo solo che qualcuno li faccia ascoltare ai marziani'.
Questo scrivono i Cut nel maggio del 2001, con un messaggio che viaggia attraverso le fibre ottiche, da computer a computer, in religioso silenzio ed in tempo reale, con un semplice 'click'. Ma tutt'altro che virtuale
Diversi personaggi italiani, più o meno famosi, hanno tributato il giusto onore ai Fast Four nel corso degli ultimi anni. Ricordiamo, ad esempio, Elenoire Casalegno e Gene Gnocchi.

Venerdì 4 giugno 1999 è apparsa sul 'Corriere Della Sera' un'intervista di Piero Degli Antoni ad Elenoire Casalegno che, con l'ultima risposta a proposito del rapporto che all'epoca aveva con il famoso Dj Ringo, ha fatto letteralmete sobbalzare i fans dei Ramones (chiedere per conferma ad Eleonora Roncuzzi, collaboratrice di questo sito):

Domanda: 'Come vi siete conosciuti tu e Ringo?'
Risposta: 'In discoteca. È stato un colpo di fulmine: non mi era mai successo prima. Appena l'ho visto, ho capito che era la mia anima gemella'.
Domanda: 'Ringo come ha fatto a conquistarti?'
Risposta: 'E' stato molto discreto, non ci ha provato subito. Mi ha regalato una cassetta di musica con i suoi brani preferiti. E, tra questi, ce n'era uno dei Ramones, il mio gruppo prediletto. La circostanza mi ha colpito molto, perché non è facile trovare un fan dei Ramones. Ho capito che si trattava di un segno del destino'
Quanto a Gene Gnocchi, così scriveva in occasione della notizia della morte di Joey:

Se ne è andato un grande. Ho conosciuto Joey Ramone ad un concerto di Bob Dylan. A lui non piaceva Bob Dylan. E Joey quando Bob suonava si metteva tra il pubblico sotto il palco e gli sparava con la cerebottana le freccette acuminate dopo averle intinte nel Vov. Cosa che poi io ho copiato e che continuo a fare ai concerti di Fiorella Mannoia e Ivano Fossati, come 'Ramone-militante'. Il più bel ricordo che ho di Joey e dei Ramones è un concerto al Palasport di Reggio Emilia, 20 pezzi da un minuto e 45 secondi l'uno per un totale di 50 minuti di live-act. Semplicemente eccezionali. Prima di impazzire per tutta questa rantumaglia di punk'n'roll andatevi a sentire i Ramones. Avevano già detto tutto

Ma, come la soubrette ed il comico, anche altri personaggi hanno esternato la loro posizione a favore dei Ramones, come testimonia la cospicua sezione dedicata alla RAMONESmania del nostro archivio news, alimentata con la collaborazione di tutti i visitatori. Troviamo, ad esempio, Mauro German Camoranesi, Elio (e le Storie Tese), Max Pezzali, Eros Ramazzotti, Piero Pelù, gli Skiantos, ma anche "BlobRamone" (uno spezzone della famosa trasmissione "Blob" di RAI 3 dedicato ai Fast Four), scrittori e scrittrici (Enrico Brizzi, Luciano Comida, Grazia Verasani e via di seguito), tifosi di calcio della squadra del Genoa che espongono in curva lo striscione "Gabba Gabba Genoa" e costituiscono la Gabba Gabba Genoa Crew, ai quali vanno aggiunte numerose canzoni utilizzate come sottofondo nel corso di programmi televisivi e di spot pubblicitari.

Un posto particolare merita però un personaggio fuori dalle righe come Pablo Echaurren, pittore, illustratore ed artista, che ha un rapporto talmente profondo con i Ramones da dar origine ad un vero e proprio tormentone e che sta facendo una forte opera di proselitismo ramonesiano; abbiamo quindi deciso di aggiungere il capitolo
Il ramonestormentone di Pablo Echaurren.